La saldatura tra i piccoli contadini, i commercianti al minuto, le piccole e medie aziende, gli artigiani e i professionisti radicati nel territorio in cui vivono, con i movimenti che si oppongono alla realizzazione delle grandi opere e alla privatizzazione dei servizi pubblici essenziali, può avvenire soltanto in un contesto di autoemarginazione dalla globalizzazione e rivalutazione delle economie locali, con l’obbiettivo di ridurre al minimo la dipendenza dalle fonti fossili e realizzare la maggiore autosufficienza produttiva in base al principio di sussidiarietà: produzione e commercializzazione negli ambiti territoriali più ristretti di quanto è possibile e conveniente, ampliando progressivamente gli ambiti territoriali di approvvigionamento di quanto non si può o non conviene produrre negli ambiti più ristretti. Questa scelta, che può essere fatta solo su base volontaria, è finalizzata a raggiungere la massima autonomia nella produzione alimentare, in quella energetica e nelle produzioni necessarie a soddisfare i bisogni fondamentali: edilizia, abbigliamento, arredamento, utensileria, attività artigianali, riparazioni e manutenzioni. La riduzione al minimo della dipendenza dalle fonti fossili implica l’abbandono dell’agricoltura chimica e lo sviluppo dell’agricoltura biologica, la valorizzazione della stagionalità dei prodotti, la riunificazione di agricoltura e allevamento, l’accorciamento delle filiere e la riduzione delle intermediazioni commerciali tra produttori e acquirenti, la diffusione delle fonti rinnovabili in piccoli impianti per autoconsumo con scambio delle eccedenze in piccole reti collegate tra loro sul modello di internet. L’aumento dei prezzi delle fonti fossili e la riduzione progressiva della loro disponibilità renderà sempre più conveniente l’agricoltura biologica, che dovrà comunque essere implementata dalle maggiori conoscenze scientifiche acquisite negli ultimi decenni. L’abbandono della chimica in agricoltura richiederà un aumento del numero di occupati nelle attività agricole e un controesodo di quote non marginali di popolazione dalle città alle campagne. In un’economia globalizzata le piccole e medie aziende possono trovare spazio solo nella produzione di semilavorati e componenti per le aziende che operano sul mercato mondiale (l’indotto) o nella produzione di prodotti finiti per conto di grandi marchi che operano sul mercato mondiale (contoterziste). Solo liberandosi dai vincoli della globalizzazione e producendo per il mercato locale in cui inserite, solo offrendo prodotti finali ad acquirenti del territorio in cui operano, queste aziende possono valorizzare la ricchezza della loro professionalità, della loro creatività e della loro esperienza. Pressoché tutti gli oggetti e i servizi necessari a una vita in linea con gli standard di benessere che caratterizzano i paesi industrializzati possono essere offerti dalle piccole e medie aziende distribuite sul territorio, che nella solo prospettiva devastante della globalizzazione possono essere considerate fattore di debolezza, mentre invece nel contesto di una politica economica finalizzata a consolidare l’autosufficienza e la resilienza delle realtà locali costituiscono uno straordinario punto di forza.